PELLEGRINO ARTUSI |
LE RICETTE |
PELLEGRINO
ARTUSI E IL SUO CODICE BORGHESE (da
"La cucina è una Bricconcella e fa tanto sospirare" di M.L.
Savorani) Per entrare nel personaggio misterioso e un po'
pazzerello, come molti a quei tempi sostenevano che fosse, è
indispensabile incominciare dalla lettura del titolo, complicato e carico
di formule, messaggi, proverbi e slogans. Dove la scienza, attraverso la
mediazione dell'arte, diventa pratica, componendosi così quel triangolo
cucinario di cultura, invenzione ed esperienza che trova l'identico
corrispettivo nell'altro triangolo, i cui vertici sono dati da igiene
(scienza), economia (pratica) e buongusto (arte). Prudente e moderato,
laico e borghese, diede all'Italia un codice alimentare borghese. Il
conservatorismo dell'Artusi è perfettamente coerente con una tradizione
vecchia di secoli che riservava fagiani e beccafichi ai ricchi, rape e
fagioli ai poveri. Non troviamo mai, nelle sue pagine, serene e
distaccate, un momento di attenzione alla cucina e alla fame degli altri,
una modesta osservazione sul dramma quotidiano di tanti italiani, mentre
non tutti i trattatisti della cucina del secondo ottocento evitavano di
parlarne, anzi tentavano, in qualche modo, di migliorare l'igiene
alimentare del popolo. La cucina dei secoli precedenti si basava sul
principio del piacere; egli se ne distacca combattendo gli eccessi e
praticando l'utilizzo di ogni cosa con parsimonia, buon gusto e maestria.
Pellegrino Artusi visse infatti in una società volta al culto del denaro
più che del piacere e desiderosa di sentirsi a posto con la propria
coscienza di classe. Egli romagnolo e quindi padano, ma da lungo tempo
emigrato nel mondo fiorentino, opera la felice mediazione e contaminazione
fra due stili cucinari diversi: quello Romagnolo-Bolognese e quello
Toscano-Fiorentino. Questi sono i due assi sui quali si uniscono le altre
derivate regionali, le componenti minori ma necessarie per portare la
scienza a livello nazionale. L'Artusi prima di essere un punto di partenza
per una nuova cultura gastronomica, segna il punto di arrivo di molteplici
e svariate tradizioni vecchie di secoli........
....Le tradizioni dei piatti e degli alimenti rotanti
(?) secondo il ciclo delle stagioni e le offerte della natura......Artusi
rinverdisce questa tradizione ormai spenta facendo un ultimo tentativo di
ancorare la cucina dell'uomo al ciclo dei giorni e dei mesi, ma
probabilmente resterà l'ultimo filosofo della tavola a credere ancora
nella natura; dopo di Lui la cucina non conoscerà più il tempo e le sue
stagioni.......L'Artusi s'inserì al momento opportuno, in un periodo di
trapasso, di stanchezza e di decadenza della cucina italiana..... (da
M.L.Savorani Quad.N° 2 Accad.Artus.)
IL CODICE GASTRONOMICO ARTUSIANO: FRA TRADIZIONE E
INNOVAZIONE Di
fronte a chi afferma: a)CHE
C'E' UNA GUERRA IN ATTO FRA LA CUCINA TRADIZIONALE E LA
NOUVELLE CUISINE. b)CHE
QUESTA GUERRA, CONTRARIAMENTE A QUANTO SI CREDEVA O SI VOLEVA FAR CREDERE,
STA PER ESSERE VINTA DALLA NOUVELLE CUISINE. c)CHE
PUNTA AVANZATA DELL'ESERCITO VINCITORE E' LA CUCINA ....QUAL'E'
LA POSIZIONE E IL RUOLO DEL CODICE GASTRONOMICO
Per
qualcuno la risposta è facile: essendo la cucina artusiana una cucina
tradizionale, farà la stessa fine, cioè è dstinata ad un'inevitabile
sconfitta. Noi crediamo che questo ragionamento e questa conclusione siano
troppo superficiali e sbrigativi;
per la semplice ragione che riteniamo il codice gastronomico artusiano
importante e significativo non tanto e non soltanto per il suo
contenuto-le famose 790 ricette- quanto e soprattutto per l'indicazione e
la proposta metodologica che esso presuppone e legittima. Questa infatti
si basa su una formula "Scienza e arte in cucina" che non può
essere considerata nè sorpassata nè tradizionale se consideriamo che
alla scienza ed all'arte, che significano rispettivamente ricerca,
analisi, sperimentazione e verifica la prima e fantasia, immaginazione,
creatività e gusto estetico la seconda, egli aggiunge anche l'igiene,
l'economia e il buon gusto.
Non intendo qui
effettuare una rilettura dell'Artusi in chiave gastronomica poichè non mi
considero un esperto di gastronomia ma solamente un buongustaio e per
giunta romagnolo: l'Artusi può essere letto da vari punti di vista anche
perchè il suo testo non è solo un ricettario ma un trattato di economia,
igiene e buon gusto (come egli scrive sulla copertina del libro) e anche,
essendo egli un discreto letterato, una sorta di romanzo con una trama
narrativa che sottende e unifica il susseguirsi delle ricette alle
relazioni epistolari intercorse con cuochi, esperti, semplici massaie o
amanti della cucina tant'è che per molti di loro costituì l'unica
lettura della vita. Scriveva
Giovanni Artusi (Presidente e fondatore dell'Accademia Artusiana):"Non
ci deve intimidire o preoccupare eccessivamente l'opinione di coloro che,
nella ricorrenza del centenario della pubblicazione de "LA SCIENZA IN
CUCINA E L'ARTE DI MANGIAR BENE" hanno scoperto che P.Artusi non era
un cuoco, non era un professionista, non era uno scienziato: hanno
scoperto cioè, l'acqua calda.".....Confermava lo stesso Pellegrino
Artusi nel "Prefazio" del suo libro:"Vinto dalle insistenze
di molti miei conoscenti e di signore, che mi onorano della loro amicizia,
mi decisi finalmente a pubblicare il presente volume, la cui materia, già
preparata da lungo tempo, serviva per solo mio uso e consumo. Ve l'offro
dunque da semplice dilettante qual sono, sicuro di non ingannarvi, avendo
provati e riprovati più volte questi piatti da me medesimo; se poi voi
non vi riuscirete alla prima, non vi sgomentate; buona volontà ed
insistenza vuol essere, e vi garantisco che giungerete a farli bene e
potrete anche migliorarli, imperocchè io non presumo di aver toccato
l'apice della perfezione". ....E PRIMA
DELL'ARTUSI? L'Artusi raccolse il meglio dei vecchi ricettari, li rielaborò, li
cromatizzò con una nuova ed allegra fraseologia inserendovi la tradizione
culinaria regionale. -Il primo referente in ordine cronologico (Roma imperiale) è certamente Apicio col suo De re coquinaria.Un personaggio che un bancario come Pellegrino non poteva certo ignorare, infatti si dice che Apicio avesse un grande amore per il denaro tanto che quando si accorse di aver rimasto solo dieci milioni di sesterzi (cioè circa 7 miliardi di oggi), si uccise per timore di non potere più mantenere il suo livello di vita. Un'esagerazione. |