PELLEGRINO ARTUSI |
PUBBLICAZIONI |
"LA STORIA
DEL LIBRO E' COME QUELLA DI CENERENTOLA" "LA STORIA
DEL MIO LIBRO ASSOMIGLIA ALLA STORIA DI CENERENTOLA.." ERA PROPRIO LUI L'ARTUSI A DIRE QUESTE PAROLE QUANDO RACCONTAVA DELLA
LUNGA E DIFFICILE STORIA DELLA SUA " SCIENZA IN CUCINA". LA
STORIA A LIETO FINE DEL LIBRO ERA INIZIATA TRA UMILIAZIONI E DELUSIONI.
DAI SEVERI GIUDIZI DEI CRITICI E DAI MALIGNI RAGGIRI DEGLI EDITORI DEL
TEMPO, AI QUALI SI ERA UMILMENTE AVVICINATO, EGLI RICEVETTE FRUSTRAZIONI,
RIFIUTI E PESSIMISTICHE PREVISIONI SULLA SORTE DI QUESTO LIBRO. COL SUO
MANOSCRITTO CHE VOLEVA CAPARBIAMENTE PUBBLICARE PER "APPELLARSI AL
GIUDIZIO DELLA GENTE", L'ARTUSI SI RIVOLSE A NOTI STAMPATORI DI
FIRENZE E DI ROMA, RIOTTOSI E DIFFIDENTI, MA PRONTI A DISPENSARE, CERTO
PER SOLO INTERESSE, VANE LUSINGHE E VUOTE PROMESSE. CON AMAREZZA E RABBIA
ATTACCO' ALLORA QUEGLI EDITORI CHE COL LORO COMPORTAMENTO DIMOSTRAVANO DI
NON CURARSI SE UN LIBRO FOSSE BUONOO CATTIVO, UTILE O DANNOSO; A LORO
BASTAVA LA CERTEZZA DI POTERLO SMERCIARE FACILMENTE, FARLO DECOLLARE PER
UN GRANDE VOLO DA UN NOME CELEBRE O CONOSCIUTISSIMO CHE NON POTEVA ESSERE
QUELLO DELL'ARTUSI. STANCO DI MENDICARE L'AIUTO DEGLI ALTRI L'ARTUSI
PENSO' DI PUBBLICARE IL LIBRO A SUO RISCHIO E PERICOLO. BEN PRESTO PERO' LA FORTUNA ARRIVO' CON UNA LETTERA DI UN NOTO
PROFESSORE, SCRITTORE E CRITICO, PAOLO MANTEGAZZA CHE SI RALLEGRAVA PER I
PROFONDI MERITI DEL SUO LIBRO COSI' FECE ANCHE IL POETA OLINDO GUERRINI
NOTO CON LO PSEUDONIMO DI LORENZO STECCHETTI. INTANTO LE EDIZIONI SI
MOLTIPLICAVANO NEL GIRO DI POCHI ANNI IN MODO PRODIGIOSO. IN TAL MODO
L'OPERA DELL'ARTUSI CON QUESTA LUMINOSA TRAIETTORIA DI CONSENSI SI
COLLOCAVA NON SOLO NEL GUSTO DEL SUO TEMPO, MA ANCHE IN QUELLO DEI TEMPI
FUTURI. EGLI INFATTI CON SPIRITO PROFETICO SCRIVEVA: "Cieco
chi non vede! Stanno
per finire i tempi delle seducenti, lusinghiere e ideali illusioni; il
mondo corre assetato, anche più che non dovrebbe, alle vive fonti del
piacere; però chi potesse temperare queste pericolose tendenze con una
sana morale avrebbe vinto la palma. Attendiamo, oggi, fiduciosi, questa vittoria.
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Lettera
del poeta Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini) a cui mandai in dono una
copia del mio libro di cucina, terza edizione: On.
Signor mio, Ella non può immaginare che gradita sorpresa mi abbia fatto
il suo volume, dove si compiacque di ricordarmi! Io
sono stato e sono uno degli apostoli più ferventi ed antichi dell'opera
sua che ho trovato la migliore, la più pratica, e la più bella, non dico
di tutte le italiane che sono vere birbonate, ma anche delle straniere.
Ricorda ella il Vialardi che fa testo in Piemonte? "GRILLO' ABBRAGIATO.- La volaglia spennata si abbrustia,
non si sboglienta, ma la longia di bue piccata"di trifola cesellata e
di giambone, si ruola a forma di"valigia in una braciera con butirro.
Umiditela soventemente con grassa e sgorgate e imbianchite due animelle e
fatene una farcia da chenelle grosse un turacciolo, da bordare la longia.
Cotta che sia, giusta di sale, verniciatela con salsa di tomatiche ridotta
spessa da velare e fate per guarnitura una macedonia di mellonetti e
zuccotti e servite in terrina ben caldo". Non
è nel libro, ma i termini ci sono tutti. Quanto agli altri Re dei Cuochi,
Regina delle Cuoche ed altre maestà culinarie, non abbiamo che traduzioni
dal francese o compilazioni sgangherate. Per trovare una ricetta pratica e
adatta per una famiglia bisogna andare a tentone, indovinare, sbagliare.
Quindi benedetto l'Artusi! E'
un coro questo, un coro che le viene di Romagna, dove ho predicato con
vero entusiasmo il suo volume. Da ogni parte me ne vennero elogi. Un mio
caro parente mi scriveva:"Finalmente abbiamo un libro di cucina e non
di cannibalismo, perchè tutti gli altri dicono: "prendete il vostro
fegato, tagliatelo a fette, ec.." e mi ringraziava. Avevo
anch'io l'idea di fare un libro di cucina da mettere nei manuali dell'Hoepli.
Avrei voluto fare un libro, come si dice di volgarizzazione; ma un poco il
tempo mi mancò, un poco ragioni di bilancio mi rendevano difficile la
parte sperimentale e finalmente venne il suo libro che mi scoraggiò
affatto. L'idea mi passò, ma mi è rimasta una discreta collezione di
libri di cucina che fa bella mostra di sè in uno scaffale della sala da
pranzo. La prima edizione del suo libro, rilegata, interfogliata, ed
arricchita di parecchie ricette, vi ha il posto d'onore. La seconda serve
alla consultazione quotidiana e la terza ruberà ora il posto d'onore alla
prima perché superba dell'autografo dell'Autore. Così,
come Ella vede, da un pezzo conosco, stimo e consiglio l'opera sua ed Ella
intenda perciò con che vivissimo piacere abbia accolto l'esemplare
cortesemente inviatomi. Prima il mio stomaco solo provava una doverosa
riconoscenza verso di Lei; ora allo stomaco si aggiunge l'animo. E' perciò,
Egregio Signore, che rendendole vivissime grazie del dono e della
cortesia, mi onoro di rassegnarmi colla dovuta gratitudine e stima. Bologna
19-12-1896
Suo devotissimo O.Guerrini RENATO FUCINI.......un amico di Pellegrino ARTUSI Esempio di grande e imprevedibile vivacità divenendo egli stesso
protagonista delle sue opere è Renato Fucini, scrittore Toscano. Il lettore può e deve rimproverargli forse un eccesso di coloriture, e
uno sfoggio di verbosità compiaciute- in bilico tra il patetico e la
spiritosaggine- evidentemente rivolte a impressionare la fantasia dei non
toscani. Diciamo pure: il Fucini, così popolare in ogni parte d'Italia, è
l'increscioso diffusore di una falsa "toscanità", comunemente
accolta per gusto di divertimento; una toscanità da rustici giullari, in
vena di arguzie e di malignità e di repentini sentimentalismi. Che è poi
un'idea falsissima, da lasciar perdere nel mucchio dei luoghi comuni della
nostra vita nazionale: basterebbe, del resto, confrontarla alla ben più
autentica "toscanità" dello scontroso, dolente, arrovellato
Carducci. Il Fucini, d'altra parte, ha fatto ridere e ha divertito quattro
o cinque generazioni di Italiani: e chi riesce a far ridere e divertire,
in fondo, è un benemerito. No?) Ciò non toglie che il Fucini, quando evita gli intrecci drammatici-
sempre ovvii e predisposti a ottenere certi effettacci- o si sofferma come
per caso su una scena qualsiasi che gli colpisca l'attenzione, diventi
scrittore nervoso, sicuro nei particolari, da far pensare alla tecnica dei
pittori "Macchiaioli". Leggete, appunto, dalla novella
"L'eredità di Vermutte", questa scena di cacciatori: "a
un tavolino, i giuocatori di scopone discutevano sulle combinazioni della
partita con tali urli, da parere che si volessero scannare. A un altro, i
cacciatori raccontavano le loro gesta con gran sinfonia di fischi, di
canizze dietro alla lepre, di frulli di starne e di tonfi di
schioppettate. E i cani accucciati sotto le tavole, destati di sussulto e
ingannati qualche volta, dalla perfetta imitazione, si mettevano ad
abbaiare in coro a piena orchestra, e in ultimo a guaire dalle pedate dei
padroni perchè si chetassero. A un'altra tavola, i puzzolenti e crudeli
bracaloni, tenditori di reti e di panie, si raccontavano, con un tono di
voce più dimesso, le loro prodezze della giornata, spincionando,
zirlando, chioccolando e moltiplicando ogni cosa almeno per cinque. Dalla
tavola di fondo venivano voci più umane e risate più schiette. Era la
tavola dei buontemponi di professione, dei cacciatori per amore dell'arte
e dei novellieri, i quali, tra un frizzo e l'altro lanciato alle
fanfaronate e alle bombe che scoppiavano intorno, raccontavano aneddoti,
scene e avventure della loro vita di campagna. Più di rado, ma succede, egli riesce a concentrare la pirotecnica e spiritosa verbosità del suo toscanismo in dialoghi eccezionalmente asciutti, come nella novella "Il matto delle Gioncaie". |