APPUNTI DI VIAGGIO

CON LA SCOMPARSA DEL CRITICO,

L'ARTE SPROFONDA NELL'IMPROVVISAZIONE?

LA MORTE DELL'ARTE HA PORTATO AL MERCATO DELLE BANANE?

 

 

 

 

 

 

Il mio distacco dal mercato dell'arte è frutto di una  constatazione che la storia dell'arte ci ha insegnato a fare: il XX° secolo ha avuto come simbolo Pablo Picasso, l'artista per eccellenza che i critici ci hanno fatto capire, apprezzare e amare nel suo complesso percorso ed io come tanti artisti usciti da studi accademici ci eravamo abituati a considerare artista colui che dopo un lungo percorso di ricerca e di maturazione delle proprie abilità tecnico-espressive riusciva a proporre attraverso un proprio stile e linguaggio le sue idee, le sue emozioni e la sua creatività.

E questo era un punto di arrivo, dopo un lungo percorso. E quel lungo percorso di ricerca erano i critici a ricostruirlo ed a considerarlo, a farlo considerare anche dai galleristi.

Oggi il vero critico d'arte è sparito, il critico d'arte è morto, non esiste più e serve solo a stilare i comunicati stampa delle gallerie o degli artisti (ArtsLife PDF) . Quindi il critico è diventato l'addetto stampa della galleria o dell'artista.

Oggi è solo il gallerista a scoprire l'artista, il referente assoluto del sistema dell'arte. C'è da chiedersi se sia lui un vero conoscitore d'arte? A mio parere pochi lo sono veramente: molti galleristi sono impreparati e/o spesso improvvisati e portano alla ribalta artisti o pseudo artisti altrettanto impreparati e/o improvvisati.

Tutto ciò sta portando l'arte verso un'agonia ed una morte sempre più vicina.

La maggior parte dei galleristi, infatti, va alla ricerca della bella trovata, di un prodotto che piaccia senza neppure considerare come si sia arrivati a quel risultato se attraverso studi, sofferenze, percorsi di maturazione, o solo casualità legata ad un'idea e ad una certa improvvisazione, ciò che conta è vendere, fare breccia nel mercato con ogni mezzo. Un mercato che sembra più una giungla con migliaia e migliaia di gallerie e milioni di artisti. Ci chiediamo se può essere considerato valido un artista anche se improvvisato, cioè senza basi, senza studi, senza un percorso di crescita.....oserei dire senza una vita?

L'artista rischia così di diventare un "oggetto" che crea prodotti di consumo?

Oggi l'artista  viene gettato (dal gallerista) sul mercato come se fosse una cavia. Se va bene al mercato l'artista continua a produrre per il gallerista fino a quando questi un giorno gli dirà oggi le tue opere non interessano più e allora???  Rischi di morire. E sono tanti gli artisti che dopo un'apparizione fugace, più o meno fortunata, sul mercato dell'arte sono scomparsi quasi definitivamente.

Troppo spesso il gallerista, che basa le sue scelte sull'improvvisazione  e la casualità, diventa spacciatore d'arte....e questo porta sempre più verso la morte dell'arte, e verso un mercato sempre meno disponibile a prendere fregature e a non credere più nell'arte stessa come investimento o oggetto da collezionare.

Grazie, scusate, ma "me ne frego", non mi interessa, non sono mai stato e non sarò mai un artista oggetto, sono vivo, ho ancora vita e voglio vivere, mi piace produrre e completare sempre più il mio percorso creativo.....questo per me è essere artista, fare arte liberamente: non produco oggetti da mercato ma il risultato di esperienze e percorsi di vita e se a qualcuno interessa questo mio percorso sarò felice di poterlo condividere e renderli partecipi di queste esperienze e di questi arricchimenti.

L'arte per me è soprattutto percorso. Ogni frammento della mia vita fa parte di un mosaico e sono tante le tessere che lo compongono.

Il mio estraniarmi dal mercato non significa certamente un addio al fare arte, ho ancora tante cose da dire ed esprimere. Un gallerista mi ha detto se esci dal mercato poi non riuscirai più a rientrarvi. La rete dei galleristi ha fatto di questo mercato una sorta di gabbia dorata per scimmie, una sorta di prigione per l'artista. Una volta, oltre 45 anni fa, il Padre cappellano delle carceri Nuove di Torino mi chiese se volessi andare a dipingere in una cella del carcere le Nuove ed io allora rifiutai fermamente, oggi forse, se avessi accettato, sarei più preparato alla convivenza con questo mercato che alcuni hanno definito ironicamente delle "banane".

Negli ultimi 10 anni ho iniziato a perdere la fiducia se non addirittura a odiare certi critici per i loro fiumi di parole inutili, ma anche i galleristi che fanno scelte e proposte alquanto discutibili e quindi mi sono ritrovato a non avere quella che oggi si chiama la rete, il marketing.

Il valore dell'arte, infatti, a mio parere, va oggi rivisto e riconsiderato alla luce di chi ritiene che l'arte non risieda più  nell'opera e nell'oggetto  in sé  ma più  nell'ecosistema di connessioni e narrazioni che lo circondano.
Io a questo tipo di narrazione ero già  arrivato da tempo, e proprio per questo oggi mi sento e considero un incompreso anche se ciò mi fa sentire più contemporaneo e all'avanguardia. Già dalla fine degli anni settanta infatti, da quando ero arrivato a Como, studiavo il modo di non dare importanza all'opera fine a se stessa proponendo una struttura che frammentava l'opera in tanti elementi connessi fra loro ed io chiamavo tale narrazione "iperstrutturalismo" (vedasi le mostre alla Chiesa di Campione d'Italia, a Palazzo dei Priori di Perugia, alla Galleria Pianella di Cantù,...). In seguito, dalla struttura ho iniziato a dare valore al metodo, al percorso, e a sviluppare concetti e opere che costituiscono vere e proprie installazioni, ma la superficiale critica locale non ha saputo o voluto comprendere tali mie proposte, queste mie idee che erano già allora troppo innovative, espresse in maniera tangibile in alcune occasioni: quella di Villa Olmo del 1997 nel contesto della mostra sull'albero della vita venne realizzata una installazione sonorizzata dal M° Armando Calvia sull'Apocalisse arborea con 22 monumenti all'albero effettuati con frammenti provenienti dalla spiaggia maremmana, nel parco dell'Uccellina, degli alberi morti. Nella stessa mostra venne esposto il quadro su ruote del 1969 che faceva parte di un'installazione su "luce è vita". La più eclatante e convincente installazione fu il cubo posto al centro della mia mostra antologica comasca, "Il viaggio dell'anima" (Broletto 2014) dove la selezione dei frammenti pittorici collocati sulle finestre del cubo dialogavano con le sezioni tematiche collocate attorno alla struttura stessa.  Ma tutto questo per la critica locale e per la città del nulla non ebbe alcun significato. Successivamente nel 2016 le mostre sue Paganini con i totem lignei.

Probabilmente anche se avessi esposto la banana incerottata di Cattelan non mi avrebbero creduto. In realtà  la banana di Cattelan, che tanto clamore ha suscitato, é molto più vicina alle mie opere di quanto si possa immaginare, infatti queste non hanno un valore fine a se stesse ma danno valore all'idea e al percorso concettuale che ha portato alla loro realizzazione. Le mie mostre sono un insieme di oggetti collegati fra loro da un'idea, da un concetto che a volte si cela dietro una tematica sviluppata attraverso installazioni e/o connessioni fra opere o frammenti delle stesse.

Nel mio studio anche se lo spazio è molto limitato avviene comunque quotidianamente questo scambio fra opere, un vero e proprio dialogo fra diverse componenti, fra idee, teorie, linguaggi, significati simbolici e valori esistenziali. Ogni momento vissuto nello studio o in ogni mostra equivale alla tessitura di una tela, l'artista/ragno crea un ordito di elementi coi quali creare la propria tela.

Ernesto Solari (2024)

2023

OGGETTO: Una mostra alternativa su "Plinio e Leonardo"

Ho preparato una mostra ed una pubblicazione sul profondo legame che Leonardo ebbe con la Naturalis Historia di Plinio di cui ricorrono i 2000 anni della nascita ed ho scritto più volte per proporla all'Assessore alla cultura del Comune di Como, all'Accademia Pliniana e alla Fondazione A.Volta ma, aldilà di un apparente interesse verso l'iniziativa, ho ricevuto solo  risposte vaghe o nulla. Sembra che l'indifferenza che avvolge l'operato di Leonardo a Como debba continuare.....e pensare che il genio indiscusso del Rinascimento, così come scrisse il Prof. Carlo Pedretti nel suo "Leonardo&io", ha vissuto qui nel Ducato milanese quasi 25 anni e quindi potrebbe essere considerato un figlio adottivo del Lario ma non solo, il fatto che egli abbia vissuto nei luoghi pliniani mi ha portato alla convinzione che questa mostra possa essere un grosso contributo per la conoscenza dello stesso Plinio, e per tali motivi ho deciso di realizzarla all'interno del mio studio di via MonteGrappa 76. Un grazie anticipato a Como e a quanti vorranno sostenere questa iniziativa.

Prof.Ernesto Solari    

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Da “Leonardo & io" di Carlo Pedretti-Ed.Mondadori, 2008

…Qui torna opportuno menzionare quelli di Ernesto Solari, che nel 2004 ebbero un esito magistrale con un libro, Leonardo, l'Abbazia di Piona e il Cenacolo, affiancata a eventi espositivi e iniziative culturali che avrebbero meritato un riscontro ben più  visibile di quello che potevano ricevere nell'ambito di una circoscrizione territoriale, quella lariana, peraltro da tempo riconosciuta tema di tante attenzioni, naturalistiche e tecnologiche, da parte di Leonardo stesso. Il Professor Solari continua con immutata abnegazione a portare avanti il suo programma di ricerca e di interpretazione.…..................e oggi il Professor Pedretti, che purtroppo ci ha lasciati da qualche anno, avrebbe probabilmente rincarato la dose di critiche al territorio comasco/lariano visto il disinteresse verso una mostra che propone a Como, per la prima volta ed in modo cosi approfondito, il legame fra Plinio, la sua Naturalis Hystoria e Leonardo da Vinci.  

(ciò che mi ha fatto più dispiacere è l'aver visto in mostra pochissimi fra i miei 5/6.000 ex allievi e loro parenti, che in altre occasioni sono stati presenti, probabilmente il tema pliniano non era di loro interesse, o forse non conoscono quanta importanza ha avuto la Naturalis Hystoria per la storia, la cultura e l'arte del Rinascimento... Mi spiace per loro e per Como che ha perso un'altra opportunità)

                                                                                                     

I MIEI TOTEM LIGNEI

Dipingere, scolpire, modellare, disegnare, incidere sono linguaggi che mi consentono di realizzare non degli oggetti o dei prodotti fine a se stessi ma dei frammenti  di un dialogo a piu' voci che vivono o fanno vivere o rivivere uno spazio.

La narrazione fra elementi espressivi ed aspetti contaminanti appartenenti allo spazio fisico in cui la narrazione avviene, determina la materializzazione dell'Aleph, cioè  dell'unione degli opposti o degli elementi complementari che è da alcuni anni il mio obiettivo principale.

Il mio scopo artistico é  pertanto il raggiungimento, o la creazione, di tale complementarietà che può  avvenire solo attraverso una coralità di elementi diversi, opposti o contaminati.

Le mie mostre sono quindi costituite non da una serie di opere ma da una coralità di strumenti che suonano insieme, che dialogano insieme, che urlano insieme per il raggiungimento di un unico fine, che è la sintesi, o la somma, di tutti i frammenti o elementi protagonisti della mostra stessa.

Se al centro dello spazio vedrete un totem, vi accorgerete che questo dialoga o interagisce con i frammenti che lo attorniano, potrà interagire e dialogare con un dipinto, una scultura o un altro totem che è stato collocato al suo fianco.

Ogni mostra diventa pertanto un intreccio di fili, di drappi, di pieni e vuoti che armonicamente portano ad un risultato non oggettivo ma mentale, filosofale, psicologico, mistico......, è quindi un'installazione legata da un dialogo, da un pensiero creativo e a volte anche risolutivo, poichè l'Aleph è luce.

La pittura, seppur meccanica, non viene abbandonata, ma trasformata in materia e forma plastica attraverso i  totem bifacciali e puntinisti.

La particolare e complessa tecnica puntinista, che utilizzo da oltre un trentennio, costituisce una sorta di filtro o setaccio in cui, quasi per caso, avviene una separazione tra ciò che rimane imprigionato all’interno e ciò che passa oltre.

Non cerco l’ispirazione trasmessa dal reale al proprio io ma, nel processo creativo, cerco quelle emozioni che possono spingermi verso  bagliori di verità, nascosti nel tema della ricerca del dialogo, della comunicazione, ma anche delle contaminazioni che cambiano, a volte inconsapevolmente, la nostra vita.

La constatazione e la consapevolezza di vivere in una realtà di contaminazioni convive con l’idea che al mondo esistano molte incertezze, espresse attraverso i labirinti silenziosi, i roboanti gironi danteschi e i diluvi apocalittici. In questa condizione di ambiguità e di energie contrapposte si muove l’artista; attingo dai simboli, dalle allegorie, dalle energie e dai sensi per trovare il mio filo di Arianna, quella luce che ha il potere di illuminare e guidare la genesi creativa tra spirito e materia.

La recente produzione è sempre più legata all'utilizzo del legno attraverso applicazioni, a caldo e freddo, della pirografia e dell'incisione. L'intento è quello di trasferire quasi specularmente su tavole di legno i miei simbolici punti luce o punti materici. E la luce, come ci ha insegnato l'arte del passato, dà vita al colore, elemento che, essendo nato come pittore, non ho voluto escludere dai miei linguaggi e dai miei dialoghi. Questa luminosità assoluta, resa paradossalmente così dettagliata, così efficace, dalla tecnica della pirografia, può essere spiegata attraverso la  filosofia, il pensiero, lo spirito, ma anche grazie a certe tecniche o materiali semplici e poveri. Utilizzare elementi semplici e poveri per unire gli opposti e renderli complementari. La mia è una sorta di gnosi creativa il cui fine primario è proprio la ricerca dell’unità, intesa non tanto come risultato conclusivo ma come processo che vive attraverso varie fasi della vita o della conoscenza e il Totem diventa specchio o perno monumentale di questa mia creatività.(*)

E.Solari

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