UNA TESI ED UN LIBRO SU: LEONARDO: L'ABBAZIA DI PIONA E IL CENACOLO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE realizzato da Solari |
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Presentazione Sono da sempre stato
affascinato dal capolavoro di Leonardo, il Cenacolo unopera che certamente
colpisce tutti per la sua complessa composizione. Le vicende sono già state motivo
ispiratore anche del mio primo saggio su Leonardo, Gli Arcani occultati di
Leonardo (del 1990): qui identificavo la Cena delle Grazie come una sorta
di interminabile libro di simboli legati a una visione macrocosmica del mondo, con le sue
stagioni (i 4 gruppi di apostoli, i suoi pianeti, le 12 costellazioni zodiacali (i 12
Apostoli) e il Cristo-sole della concezione essenica recentemente rilanciata dai
rotoli del Mar Morto. Poi è giunto a termine il mirabile restauro della
Dott.ssa Pinin Brambilla, che ha scelto la difficile via del recupero e della
conservazione aiutandosi con alcune copie più antiche e fedeli tuttora esistenti
del capolavoro leonardesco. Questo restauro ha riproposto nella sua originale interezza di
colori e dettagli unopera che sembrava quasi da subito perduta, ma che fin dal suo
apparire è diventata miracoloso oggetto dellattenzione di incisori e
copisti. Come si vedrà, il pittore lombardo Bartolomeo Suardi detto il Bramantino è stato tra i primi, nel 1503, a ricevere lincarico di eseguirne una copia per un committente privato (il tesoriere ducale francese Antoine Turpin); quindi, monasteri e ordini religiosi hanno fatto a gara nel commissionarne repliche (spesso alterandone la struttura, i raggruppamenti, o introducendovi variazioni di significato). Giovan Pietro da Cemmo, Antonio da Gessate, Tommaso Aleni, Andrea Solario, Marco dOggiono, Giampietrino sono stati fra i primi diffusori del modello nel grande formato, sia in affreschi sia in teleri(grandi tele dipinte) Il Cenacolo, così, si è rivelato da quel
momento in poi una vera e propria icona. Al suo cospetto sono arrivati sia copisti meno
capaci (di cui il Vespino è l' emblema), sia personaggi di carattere che del dipinto
hanno saputo cogliere la forza interiore, come fa Rembrandt nel suo vibrante schizzo ora
al British Museum. Anche Dürer si è confrontato con la Cena, e come lui Tiziano e i
maestri veneti, in particolare Romanino e Moroni. Il Seicento lombardo-piemontese è poi
carico di ossequi verso l' "affresco" milanese, ma ciò che più stupisce è
come Leonardo sia finito nel cuore di scultori come Tullio Lombardo, il Bambaia, Andrea da
Milano e Alberto da Lodi che sono riusciti a dare spessore tridimensionale al turbamento
degli Apostoli. Il recente restauro, così apprezzato anche dal noto
storico dellarte Federico Zeri, tra tante riscoperte ha permesso anche
di ritrovare, alle spalle del Cristo, al centro del paesaggio dellapertura centrale,
il campanile di una non ben identificata Chiesa a ridosso di una veduta apparentemente
lacustre e prealpina. Uninteressante
ipotesi suggeritami da Stefano Marzagalli, giovane ricercatore milanese, proponeva
che tale campanile potesse appartenere ad una Chiesa dell'alto ramo lecchese del Lario,
probabilmente quella di Piona. Ho allora ritenuto giusto fare alcuni approfondimenti al
proposito, perché ciò confermerebbe ulteriormente la tendenza di Leonardo a inserire
nelle sue opere paesaggi dellarea del Lago di Como (da tempo ipotizzata per svariati
suoi dipinti) che rifletterebbero copie dal vero. Nel suo Codice Atlantico, infatti,
Leonardo parla di quei territori e li descrive con una precisione tale da far trapelare
non solo il suo grande amore per le ricchezze paesaggistiche che li caratterizzano, ma
anche una sua reiterata presenza in quelle medesime zone. Tra le altre, nel suddetto Codice
(f.573 rb, ex f.214 ve) si trovano le seguenti annotazioni, rese qui in grafia
normalizzata: "
E
i mag(g)ior sassi scoperti che si truovano in questi paesi, sono le montagne di Mandello,
vicine alle montagne di Lecco e di Gravidonia (Gravedona), in verso Bellinzona a 30 miglia
a Lecco, e quelle di valle di Chiavenna; ma la maggiore è quella di Mandello (
) e
qui dogni tempo è ghiaccio e vento (
) La
Grigna è (la) più alta montagna chabbi questi paesi, ed è pelata Con questo scritto Leonardo dimostra di conoscere bene
il territorio e quindi di averlo percorso e osservato: il tragitto è estremamente chiaro.
Dalle montagne attorno a Lecco (dal Resegone alle Grigne) egli si è spostato verso
Mandello per raggiungere poi Gravedona e successivamente Chiavenna. Prima di giungere a
Gravedona, passaggio pressochè obbligato è proprio Piona. Lindagine del paesaggio del Cenacolo ha
così portato a una sua pressochè piena identificazione con quello visibile dal
promontorio di Piona-Olgiasca, cosa confortata anche dal raffronto con le più importanti
copie antiche del dipinto. I capitoli dal secondo al quarto, pertanto, vanno ad
approfondire questi punti. In particolare segnalo lipotesi inedita che fa pendant
con quella di Piona, secondo cui Leonardo avrebbe disegnato per la sua opera due
differenti vedute paesaggistiche. Questi capitoli sono a loro volta preceduti
doverosamente da un rapido excursus su storia, restauri e significati del Cenacolo
leonardesco, utile a comprenderne meglio le tematiche principali. Ampliando poi il discorso relativo al paesaggio
lariano, il quinto capitolo va a esaminare la presenza del Maestro nellarea del Lago
di Como. Vi si trova una sintetica indagine su alcuni suoi disegni di montagne tipiche del
Lecchese ora nella raccolta di Windsor- col conforto di altre note del Codice
Atlantico- che esplicitano ancor più linteresse dellartista per questi
luoghi. Del resto, come si è detto, che Leonardo abbia trovato ispirazione o importanti
riferimenti paesaggistici per molte sue opere nel territorio in esame, è stato da tempo
sottolineato. Nello specifico le vedute della Vergine e SantAnna del Louvre o di
alcune Madonne, come la Madonna Litta, risultano molto vicine alle caratteristiche
naturali di queste zone, soprattutto della parte orientale Lecchese e di quella più a
nord della Valtellina. Laspetto paesaggistico, però, non costituisce lunico elemento di prova del legame di Leonardo con questa terra. Perciò, i tre capitoli finali intendono raccogliere tutto quanto possa ribadire che lartista ha voluto ambientare la sua Cena nella geografia lariana e che il campanile riapparso dopo il restauro è proprio quello della Chiesa Abbaziale di Piona. Si tratta di un campanile a pianta ottagonale come quello di Gravedona con due differenze sostanziali che dimostrano trattarsi proprio del campanile di Piona esistente fino al 17° secolo: la prima riguarda la collocazione dello stesso che era sulla parete opposta a quella dove si trova il ricostruito campanile quadrato (quello attuale) poichè il precedente crollò per la forte pendenza del suolo e Leonardo raffigura nel cenacolo, con estremo realismo, proprio questa pendenza. Nei capitoli sesto, settimo e ottavo ho quindi cercato di ripercorrere le vicende storiche contemporanee alla sua epoca riguardanti famiglie legate a chi amministrava quei territori, nonché a personaggi della corte sforzesca vicini a loro e allo stesso Leonardo. Tra questi spicca, ad esempio, Paolo Giovio, storico comasco e primo biografo dellartista di Vinci. Nel novero non mancano poi religiosi benedettini che hanno vissuto allinterno del Priorato di Piona e ne hanno condiviso le regole mistiche, testimoniato la successiva gestione commendataria, arricchito la decorazione. Particolare attenzione è stata dedicata (capp.6 e 7) alla lettura dei simboli che caratterizzano proprio tali arricchimenti decorativi, soprattutto quelli dellAbbazia e del suo chiostro. Essi denotano notevoli riferimenti allopera e al pensiero leonardeschi, ben reperibili nella Cena, tanto quanto nella chiesa che la ospita, Santa Maria delle Grazie. Lindagine specifica inoltre che linteresse dellartista per Piona potrebbe altresì essere legato a un suo sentireanalogo a quello dellOrdine cluniacense-benedettino che appunto aveva fondato lAbbazia in questione, nonché alla presenza- allinterno di quella stessa chiesa- di rilevanti elementi artistici, quali laffresco dei dodici apostoli in uno spazio per molti versi simile a quello del refettorio delle Grazie. Lottavo capitolo, poi, sottolinea anche i possibili rapporti intercorsi tra il Maestro e la famiglia milanese dei Birago, che dal 1450 al 1511 ha avuto tra i suoi membri alcuni priori commendatari di Piona. Primo di questi è stato Pietro Birago, amico di Ludovico il Moro e parente di quel Giovan Pietro Birago che mezzo secolo più tardi avrebbe realizzato la prima stampa del Cenacolo con lideale imprimitur di Leonardo, verosimilmente da lui ben conosciuto. E, questa, unulteriore coincidenza che rende palpabile ancor più i legami del Maestro con lAbbazia lariana. Non mancano infine alcune riflessioni conclusive che non pretendono di essere definitive. Sono, anzi, del tutto aperte, propositive di nuovi approfondimenti sui temi qui proposti. Il testo è corredato, oltre che dalle immagini delle opere trattate- ove sia stato possibile reperirle- anche dalle fotografie da me scattate nel sito dellAbbazia di Piona nel giugno 2003. A queste vanno aggiunti i miei schemi sulle vedute nelloriginale del Cenacolo e nelle sue copie, realizzati con lausilio del computer. Si tenga poi presente che le note, per non appesantire la lettura, sono state poste insieme alla fine della dissertazione scritta. Da ultimo, colgo qui loccasione per ringraziare Stefano Marzagalli per la sua consulenza, rivelatasi preziosa in special modo per lindagine sugli aspetti paesaggistici della Cena e delle copie nonché per la ricerca delle fonti iconografiche. Un sentito grazie va poi a Don Andrea Rossi, attuale Priore di Piona, che mi ha consentito di fotografare larea circostante ledificio da un punto di vista privilegiato, con tutta probabilità lo stesso dove cinquecento anni fa ha sostato Leonardo: la collinetta sovrastante lAbbazia, dalla quale egli ha preso spunto per la veduta del suo Cenacolo. Como, febbraio 2004 Ernesto Solari * * * Subito
dopo luscita di questo libro un amico mi suggerì di verificare se il campanile
ottagonale emerso dal paesaggio del Cenacolo avesse avuto una perfetta perpendicolarità; laccertamento effettuato portò al
ritrovamento di una inclinazione del campanile che la storia ci conferma essere di fatto
crollato proprio a causa di una certa pendenza. Questa pendenza confermerebbe quindi che
il campanile non poteva essere né quello di Gravedona, né altri, come si è scritto
recentemente, ma solamente lantico campanile di Piona, rifatto poi a pianta quadrata
nel 1700 dal lato opposto della Chiesa. |
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